sabato 11 dicembre 2010

La costrizione di aggiornare è colpa e solo colpa di Megavideo.

Faccio coming out: ho ripreso a guardare True Blood, dopo una prima stagione che mi aveva lasciato un po' così. Nonostante fossi (e sia) convinta che la sceneggiatura della prima stagione fosse frutto di droghe e connessioni cerebrali a me sconosciute, una cosa è sicura: dà addiction. Ovvero la prima stagione me la sono sorbita tutta, ma tutta, lagnandomi tantissimo e non vedendo contemporaneamente l'ora che arrivasse la puntata successiva.

In realtà ho smesso di scrivere dalla morte di Monicelli non per lutto, anche se la cosa mi ha colpito e non poco (nonostante il grande rispetto per un gesto di coerenza e consapevolezza veramente rari in un essere umano e per altri chiacchiericci che vi evito), ma perché questo mio mese è un mese di merda. Evito di raccontare cosa, perché, per come, perché alla fine della fiera sono minchiate rispetto a come mal sopporto ormai la realtà italica. E questo non per presunto snobismo o altro: è che all'estero si sta meglio. E che non è un caso che se racconto la realtà di lavoro-vita nella capitale della comunicazione Milano, i greci si facciano il segno della croce e ripetano in loop "ridicolo". E siamo nel terzo mondo qui, mica in un posto fico. (nonostante le rovine di notte mozzino il fiato, nonostante ci sia molta più genuinità tra la gente, nonostante il clima di merda - leggasi caldo - e nonostante che essere veg qua sia peggio che in Italia, sì peggio che in Italia).

Ieri, se non mi fossi persa in altre conversazioni, avrei voluto scrivere un pamphlet su questo argomento: "L'ipocrisia dello sbandierare una morale nella comunicazione". Ieri sera, visto che nevicava e che la mia unica valigia contemplava solo vestiari da California ho deciso di stare a casa e leggermi blog di comunicazione made in Italy: la provenienza è d'obbligo, infatti siamo solo noi, pervasi di senso di colpa cattolico, a farci pippe sulla morale della comunicazione. Nei paesi anglosassoni sono pragmatici. Punto. E il pragmatismo presume un realismo che noi italiani non sappiamo applicare: non ne siamo capaci, punto. Come non sappiamo rinunciare alla pasta, per dire una minchiata: per un italiano diventa vitale lamentarsi del cibo all'estero o di altre stupidaggini, come se fossero davvero quelle le cose importanti di cui lagnarsi nella vita.

Leggevo questi blog e leggevo di polemiche sterili, moralità sbandierate, comportamenti sociali che si dovrebbero tenere sul web che suonano irreali e fasulli come l'oro delle catenelle di H&M (se non siete femmine, chiedete alla vostra ragazza o a una vostra amica e vi confermerà che l'oro di H&M dura al massimo 10 minuti e poi scolora). E' come chi si lamenta di McDonald's ma mangia Nestlé quotidianamente. E' come pensare che Beppe Grillo sia genuino e non una costruzione del marketing, leggasi UN PRODOTTO. Non prendiamoci per il culo, non prendetevi per il culo.
Mi sto rompendo il cazzo di scrivere, e scriverò una sola parola: CONSAPEVOLEZZA.

Ovviamente, l'etica è un'altra cosa: ma ne parliamo un'altra volta, va bene?

A chi mi chiede di essere più didascalica, dico: ho di nuovo attacchi d'ansia, a batteria sto migliorando di giorno in giorno, no non torno a Natale, no non torno a Capodanno, ho il contratto che scade a gennaio ma ancora non so quale sarà il mio destino, no non voglio più tornare in Italia, ho i capelli di colore naturale (artificiale), sto bene, ho iniziato a collaborare con Vice, amo molto l'ultimo di Brian Eno nonostante sia solo strumentale, e gli updates più interessanti li trovate qua: http://correndoconiflipperingola.tumblr.com/

Finisco di guardarmi la seconda serie di True Blood.

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